Oggi, 3 febbraio, ricorre S. Biagio, medico e vescovo di Sebaste – in Armenia – nel III-IV secolo.

Parrà strano parlare di un santo in un sito dedicato al lupo, ma anche Biagio, così come S. Francesco, è legato al grande carnivoro da alcune antiche leggende.

Prima dell’arresto e del martirio, Biagio visse come eremita in un bosco e attorno a lui si raccoglievano gli animali selvatici, “fiere” comprese, che egli benediva e curava.

Un’altra storia riguarda direttamente il lupo: una povera vedova aveva allevato un maiale per sfamare i propri figli, ma il maiale venne catturato da un lupo che lo portò nella foresta. La donna si appellò a S. Biagio che, miracolosamente, indusse il lupo a riportare il porcellino, indenne, alla donna.

Ne esce la figura di un santo che ama gli animali ma all’occorrenza li riduce alla ragione perché non siano di danno all’uomo. Non a caso Biagio è, tra le altre tante cose, sia protettore degli animali sia patrono degli agricoltori. Ci insegna che si possono “convincere con le buone” i lupi a non far danno al bestiame. Certo non con le parole; questa è prerogativa solo di certi santi.

Si può indirettamente, però, adottando corretti metodi di prevenzione dei danni: recinzioni elettrificate, cani da guardiania, dissuasori. Sistemi che comportano spese contenute – spesso coperte dagli enti pubblici – e qualche modesto disagio operativo (ma niente di insuperabile).

Non bisogna essere santi, basta solo un po’ di buona volontà.

 

 

Nella foto: S. Biagio in una vetrata francese del XIII sec., da Wikimedia Commons